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La moda ai tempi dei social: annullati i tempi e la filiera, dai produttori ai buyer, fino ai consumatori finali?

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Dagli smartphone di chi ha accesso alle passerelle, giornalisti, fashion blogger, clienti, ecc.. partono le immagini che arrivano in real time a milioni di consumatori, scatenando il loro desiderio di possedere subito le novità proposte dalla famosa blogger di turno. Nel frattempo, mentre i grandi brand si preparano a vendere dopo sei mesi, l’industria del fast fashion replica i capi in copie più economiche. 

E da mesi, la domanda viene fatta a stilisti e imprenditori “Ha ancora senso presentare tutte queste collezioni e metterle poi in vendita sei mesi dopo?” La risposta è più o meno sempre la stessa. Sì, le sfilate hanno ancora senso perché nessuno ha trovato un modo altrettanto efficace per mostrare il frutto di sei mesi di lavoro.

Ma qualcosa ha rotto il giocattolo: i nuovi media hanno messo in dubbio queste certezze poiché sono diventati potentissimi eventi di marketing e comunicazione trasmettendo nel consumatore la voglia di avere subito le novità, piuttosto che aspettarle sei mesi, avviando così un cambiamento epocale dal punto di vista produttivo e distributivo.

Senza contare che nel frattempo l’industria del pronto moda più dinamica, prende spunto dalle passerelle per replicare e vendere subito e a prezzi più economici quei capi, che i consumatori stanno già desiderando grazie alla condivisione di foto su Instagram, commenti di fashion blogger e condivisioni sui social…

Ma i brand sono pronti a mettere in atto questi cambiamenti?

Ecco allora che la Camera della moda americana ha giocato d’anticipo avviando uno studio sulla fattibilità del passaggio a un modello in cui tutto quello che sfila diventi “instantly shoppable” ossia alla possibilità di acquistare mentre si è seduti in prima fila usando lo smartphone oppure recandosi nel giorno stesso nei negozi per acquistare quello che si è visto in passerella.

  • Ad esempio Michael Kors, alla New York Fashion Week di febbraio, ha realizzato 12 articoli acquistabili immediatamente dopo la presentazione nel suo store in Madison Avenue e online.
  • Lo stesso ha fatto Burberry alla London Fashion Week, realizzando una sfilata in diretta su Apple TV che si poteva acquistare subito in negozi selezionati e sul sito Burberry.com.
  • Anche Tommy Hilfiger ha dichiarato che da settembre 2016 presenterà le proprie collezioni per l’autunno 2016 attraverso una sfilata dedicata a stampa e consumatori. I capi presentati saranno subito acquistabili sui canali di vendita del brand.

Dalla fashion week milanese Donatella Versace si è mostrate entusiasta, ma c’è chi non vede di buon occhio questa rivoluzione mirando a difendere il carattere creativo del fashion e i tempi ad esso necessari.

Sul versante francese hanno invece storto il naso: da Karl Lagerfeld a Dior sono stati unanimi nel dichiarare che una collezione immediatamente disponibile dopo il défilé ucciderebbe il lusso.

Ad esempio François Pinault del gruppo Kering, che controlla anche Saint Laurent, Gucci e Stella McCartney, si è dichiarato assolutamente contrario al “vedi ora compra ora” poiché si andrebbe a “negare il sogno e il desiderio” che provoca l’attesa di vedere il prodotto nei negozi sei mesi dopo la presentazione in passerella.

Il cambiamento però è avviato e continuerà: d’altra parte la Camera della moda americana ha colto un’insoddisfazione latente tra gli operatori della moda e sono note a tutti le difficoltà degli ultimi anni di questo settore, vuoi per i ritmi di produzione sempre più veloci richiesti dai clienti, vuoi per la condivisione sui social delle collezioni e non ultima per l’agguerrita competizione dei brand del fast fashion low cost.

La soluzione andrà trovata probabilmente conciliando le esigenze di tutti. Tradizione e innovazione si fonderanno inevitabilmente.

Ma forse il punto è un altro: a noi navigati conoscitori delle abitudini dei consumatori, ci è parso di cogliere un punto di vista diverso: in definitiva il problema non è tanto organizzativo-produttivo, né tanto meno creativo…poiché le aziende troveranno le soluzioni, la difficoltà reale è cambiare un paradigma predominante da decenni, che vede imprenditori e stilisti concentrarsi esclusivamente sul prodotto, per spostare il focus sul “comportamento d’acquisto del cliente”.

Il mondo della moda è spaccato in due: c’è chi pensa che nella moda ancora oggi “product is king”, e chi sostiene che nell’era digitale deve essere il cliente l’eroe al centro della storia… è lui che decide se un prodotto avrà successo oppure no!

I sostenitori del “prodotto-centrico” affermano che l’attesa tra la presentazione delle collezioni e la disponibilità della stessa nei punti vendita sia un elemento imprescindibile per creare il desiderio nel cliente.  Ritengono, inoltre che la sfilata sia parte integrante del processo creativo, utile per capire cosa produrre e cosa no in base alle scelte dei buyer, per cui non può essere venduta subito. Rendere disponibili subito le collezioni avrebbe come conseguenza quella di negare il sogno e il desiderio che provoca l’attesa di vedere il prodotto nei negozi sei mesi dopo la presentazione in passerella.

I sostenitori del “cliente-centrico” mettono al centro le esigenze del consumatore moderno ed osservano i cambiamenti in atto, essi partono dal presupposto che i clienti seguono Instagram e twittano alla velocità della luce, guardano le passerelle in live streaming, senza troppa consapevolezza delle stagioni presentate dai brand…e vogliono le novità subito, e non tra sei mesi!

Dunque, davanti a un consumatore ormai sempre più social, iper-connesso e super informato, che chiede e desidera sempre più una connessione diretta e immediata con il brand, la corrente del “ready to buy” sembrerebbe  l’inevitabile conseguenza per restare competitivi in questo mercato.

D’altra parte ricordiamo che la teoria dell’evoluzione Darwiana dice che “Non è la più forte delle specie che sopravvive, né la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti”.

Whatsapp, Facebook, Google… sono un esempio dell’evoluzione: sono tutte aziende senza “prodotto”, ma hanno messo al centro il cliente in tutte le sue dimensioni e comportamenti con l’obiettivo di conoscerlo il più accuratamente possibile per soddisfare i suoi bisogni.

Dunque la questione si sposta: Quale pensi debba essere oggi l’orientamento dei brand della moda e del fashion: “prodotto-centrico” o “cliente-centrico”?

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